Quando qualcuno gli chiedeva da dove venisse, egli rispondeva: “Io sono un cittadino del mondo”.
(Diogene Laerzio, vita di Diogene di Sinope)

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Incontro con l’ingegnere palestinese Mohammed Hmidat

UN PEZZO DI GAZA AL LICEO GOVONE
Incontro con l’ingegnere palestinese Mohammed Hmidat

Centinaia di ulivi, limoni, alberi secolari, piccole aziende agricole: questo era il paesaggio che caratterizzava Gaza e Cisgiordania, paesaggio che ora non esiste più. A partire dal 2003 le truppe israeliane hanno costruito un muro per difendersi dalle auto-bomba e dai kamikaze palestinesi e hanno raso al suolo piante ed edifici nel raggio di 150-200 metri. Gli alberi erano ingombranti, non permettevano una buona visione del territorio circostante, anzi potevano nascondere azioni di terroristi: meglio eliminarli, a scapito della gente che vi lavorava e vi abitava. Con questo racconto, che richiama alla mente il recente film “Il giardino di limoni”, l’ingegnere palestinese Mohammed Hmidat ha aperto mercoledì 13 maggio 2009 il suo incontro con gli studenti del Liceo Classico “G. Govone”, organizzato in collaborazione con la cooperativa Quetzal e l’Associazione Verso Sud: si è così concluso un percorso di educazione alla cittadinanza responsabile e alla lotta non violenta, che ha coinvolto per tutto l’anno scolastico i ragazzi delle classi V ginnasio, i volontari dell’Ufficio della Pace della città di Alba e i docenti Ricca, Rolando e Santi.
L’ing. Hmidat è uno dei 140 responsabili del PARC (Palestinian Agriculture Relief Committees), una ONG no profit palestinese, che si occupa della difesa dei diritti umani, della formazione in campo sociale e politico di donne e giovani e soprattutto di programmi di sviluppo e promozione della produzione agricola: il principio è quello del commercio equo e solidale che, solo in Palestina, riunisce in cooperative oltre 1300 agricoltori e, in particolare, molte donne, altrimenti confinate nelle case e prive del sostegno economico degli uomini, morti, imprigionati o fuggiaschi.
L’organizzazione è stata fondata nel 1983 e fa parte dell’EFTA, l’organismo internazionale del commercio equo che difende i coltivatori dallo sfruttamento e garantisce loro una giusta retribuzione, senza l’intermediazione delle multinazionali.
Ogni zona della Palestina, a quanto ha spiegato Mohammed, si occupa, tramite cooperative di lavoratori specializzati, di un progetto specifico, inserito nel programma alimentare iniziato nel 1990. Si va dall’olio d’oliva, esportato in tutta Europa e oltreoceano, ai datteri, che si adattano al terreno arido e sabbioso di Gerico, dalle mandorle per la produzione di ottimi confetti nella zona di Jenin, alla frutta secca, alle erbe aromatiche e spezie, molto usate in Palestina (addirittura a colazione!). Tuttavia, la produzione più importante e al tempo stesso più difficoltosa, a causa dell’ultimo conflitto arabo-israeliano del 2008 e del totale isolamento dei territori palestinesi, è quella del cous-cous all’interno del territorio di Gaza. Essa coinvolgeva circa 70 donne, ma si è stati costretti a sospenderla dopo la chiusura di tutti i varchi con Israele e i bombardamenti sulla striscia, che hanno anche distrutto la sede del PARC a Gaza City. Fortunatamente, il progetto è stato nel frattempo riaperto a Gerico e si spera di poterlo riavviare in un futuro non troppo lontano anche a Gaza.
Tutti i prodotti, a partire dalla materia prima fino al risultato finale, possiedono le certificazioni internazionali di qualità, oltre a quelle previste dal circuito del commercio equo e dell’agricoltura biologica. La strada, però, non è sempre facile, anzi, la produzione e l’esportazione sono molto complesse: spesso le autorità israeliane negano il permesso di estendere le coltivazioni gestite dal PARC a nuove zone o ne confiscano i campi, come accaduto in occasione della costruzione del muro; frequenti sono i casi di sequestro dei mezzi di lavoro, che i membri della ONG riescono a riscattare solo dietro pagamento di ingenti somme. Infine i prodotti devono subire diversi controlli da parte dell’esercito, che prolungano di molto i tempi dell’esportazione e della messa in commercio, mentre i costi di trasporto e le tasse di imbarco dai porti israeliani, negli ultimi anni, sono raddoppiati.
In ogni caso, il progetto va avanti e i prodotti, tipici del territorio palestinese, continuano ad essere esportati, anche in Italia, grazie al lavoro di Ctm Altromercato, partner italiano del PARC. Ad Alba sono acquistabili presso la bottega Quetzal di corso Langhe, che in questo periodo aderisce alla campagna 2009 “Emergenza Gaza” per la raccolta fondi a favore della ricostruzione e della ripresa di attività produttive e scambi commerciali con l’esterno: è questa infatti l’unica via per permettere alla martoriata popolazione palestinese di vivere con dignità, invece di essere semplicemente in grado di esistere e sopravvivere a fatica.
Sicuramente iniziative come questo programma alimentare sono la prova tangibile che, dove ci sono volontà e impegno, è possibile migliorare le cose, lasciando da parte ciò che è stato e guardando con fiducia al futuro. Lo stesso messaggio di speranza trasmesso dall’ing. Hmidat è ritornato nelle due toccanti conferenze cui gli studenti del Govone hanno assistito alla Fiera del Libro di Torino sabato 16 maggio: sia l’autrice e regista palestinese Liana Badr, sia lo scrittore israeliano David Grossman,, hanno sottolineato con forza che l’unica soluzione per una situazione così tesa e complessa può essere quella della coesistenza pacifica di “due stati per due popoli”.

di Elisa Bonino